Jill Orr, Bleeding Tree, 1979. Courtesy of the artist

A Milano al PAC sino al 9 febbraio 2020 è possibile visitare la mostra d’arte contemporanea Australia: storie dagli antipodi, la più vasta retrospettiva sull’arte australiana che raccoglie i lavori di 32 artisti e performer dagli anni 70 ad oggi. Tre sono le parole chiave che tracciano il percorso della mostra: identità, contaminazione e femminismo.

Identità nella mostra Australia: storie dagli antipodi

Angelica Mesiti, Mother Tongue, 2017 . Courtesy the artist and Anna Schwartz Gallery, Melbourne
Angelica Mesiti, Mother Tongue, 2017 . Courtesy the artist and Anna Schwartz Gallery, Melbourne

Esplorando le prime sale si viene coinvolti dalla potenza espressiva di lavori che mettono subito lo spettatore di fronte alla sofferenza, alle battaglie, alle lotte politiche e al disagio sociale che hanno segnato le popolazioni aborigene australiane ormai – salvo rari casi – ibridate con i “dominatori” e gli immigrati di seconda e terza generazione. Emerge molto forte il senso di identità dell’australiano che ha radici aborigene e che vuole ribaltare la prospettiva della storia raccontata dagli altri: un continente è stato invaso e le sue popolazioni private dei diritti sulla loro stessa terra.

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Richard Bell, A property dispute is turned into a race debate, 2019. Installation view at PAC Milano, 2019. Photo Claudia Capelli

Questo forte senso di identità si manifesta dunque in lavori che esprimono fierezza per le proprie origini, rabbia per le prevaricazioni subite, ironia nello smascherare lo stereotipo turistico dell’aborigeno, complessità dell’integrazione, ma anche nel dialogo che supera il conflitto. Gli artisti che seguono questo filone sono di origine australiana ma alcuni vivono all’estero.

Contaminazione nella mostra Australia: storie dagli antipodi al PAC di Milano

Maria Fernanda Cardoso, Spiders of Paradise: Maratus speciosus from the Actual Size Series, 2018. Installation view at PAC Milano, 2019. Photo Claudia Capelli
Maria Fernanda Cardoso, Spiders of Paradise: Maratus speciosus from the Actual Size Series, 2018. Installation view at PAC Milano, 2019. Photo Claudia Capelli

Ho individuato un ulteriore filo conduttore nella contaminazione intesa da un lato come sperimentazione e ibridazione degli stili espressivi (film, video-performance ma anche incontri con il pubblico e un Power Point!) e del largo utilizzo di installazioni site-specific che mettono in discussione il concetto di spazio e sfidano quello di arte, dall’altro come la capacità di alcuni artisti di elevare la scienza o la tecnologia a forma d’arte. È il caso ad esempio di Patricia Piccinini, che ritroveremo tra poco, e dell’artista Maria Fernanda Cardoso che ritrae in tre gigantografie altrettanti maschi di ragno Maratus Speciosus nel loro momento di massima espressività. e filma la danza del minuscolo maschio davanti alla femmina. Affascinante, pura poesia. La natura che diventa arte è un messaggio potente.

Femminismo nella mostra Australia: storie dagli antipodi

Patricia Piccinini, Kindred, 2018. Installation view at PAC Milano, 2019. Photo Claudia Capelli
Patricia Piccinini, Kindred, 2018. Installation view at PAC Milano, 2019. Photo Claudia Capelli

L’ultimo filone che ho individuato è quello femminista per valorizzare l’interpretazione femminile dell’arte. Alla mostra sono presenti i lavori di diverse artiste donne, talune esplicitamente “schierate” nel movimento, altre meno, e le loro opere sono il frutto di uno sguardo particolare sul mondo.

Yhonnie Scarce usa l’arte della soffiatura del vetro e gigantografie di foto d’epoca stampate su lenzuola francesi per onorare i suoi antenati, creando per loro un “santuario moderno”. Jill Orr espone un lavoro (Bleeding Trees, da cui la copertina della mostra e di questo articolo) dove il suo corpo nudo viene rappresentato in diversi stati di trauma e tensione, riflesso della prima critica femminista che considerava il corpo nudo della donna come un mezzo per compiacere lo sguardo maschile.

Femminismo o femminilità in particolare nella scelta dei soggetti (donne) da rappresentare, o scegliendo la “femmina” come genere per rappresentare l’evoluzione: è il caso di Patricia Piccinini che mette in mostra una scultura iperrealistica che sfida le convinzioni che gli umani siano diversi dagli animali, esplorando in un modo che oscilla tra il fiabesco e il grottesco i punti in comune tra gli orangutan e gli esseri umani.

La curatela della mostra

Un plauso a questa mostra curata impeccabilmente da Eugenio Viola, che rende altamente democratica l’arte regalando a tutti i visitatori una guida in italiano e inglese che spiega il significato di ciascuna opera esposta.

In questo modo, capendo il vissuto e il senso di ogni lavoro, si avvicina e interiorizza il messaggio che l’artista vuole trasmettere, oltre ad aprirsi (anziché chiudersi) davanti alle emozioni che suscita l’opera.

La mostra è promossa dal Comune di Milano|Cultura e prodotta dal PAC e da Silvana Editoriale e realizzata grazie al sostegno di TOD’S, sponsor dell’attività annuale del PAC, con il contributo di Alcantara e Cairo Editore, grazie alla sponsorizzazione tecnica di Etihad e con il supporto di Vulcano.

 

 

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